Sul “vulcano” attorno all’Etna

Sul “vulcano” attorno all’Etna

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di Massimo Ferrari (Presidente Assoutenti/Utp).

Dopo quarant’anni sono tornato a Catania per utilizzare la Ferrovia Circumetnea. Nel lontano 1978 effettuai l’escursione in senso antiorario, raggiungendo prima Taormina e da lì a Randazzo, con la linea Fs – allora in esercizio – che attraversava le gole dell’Alcantara. E poi da Randazzo fino a Catania Porto, dove le attempate littorine facevano capolinea. Oggi i treni  a scartamento ridotto (0,95 cm) si attestano alla stazione di Borgo, in cima alla via Etnea. La parte terminale, ormai integralmente sotterranea, è stata assorbita dalla metropolitana di Catania, a scartamento ordinario.

Ero incuriosito dalla possibilità di viaggiare sui nuovi convogli “Vulcano”, costruiti dalla ditta polacca Newag ed assemblati dalla maestranze siciliane, di cui ci avevano parlato durante una breve visita alla sede sociale, durante la Maratona ferroviaria del 2016, effettuata assieme ai rappresentanti delle associazioni ambientaliste che propugnano la riscoperta del turismo ferroviario.

Oggi sono in circolazione quattro autotreni diesel “Vulcano”, che, tra il capoluogo e Randazzo, impiegano 1h e 45’.  Per arrivare fino a Riposto, al capolinea estremo della Circumetnea, distante oltre 100 km, bisogna aggiungere un’altra ora abbondante, al costo complessivo di euro 7.90, che, per questo straordinario circuito, sono soldi indubbiamente ben spesi.

In un sabato di gennaio particolarmente mite (circa 15 gradi di temperatura), ma con la cima dell’Etna ben innevata, lungo un tracciato scavato in parte tra i detriti delle colate laviche, il panorama che si può ammirare dagli ampi finestrini del convoglio è particolarmente suggestivo.

Il treno attraversa la cintura urbanizzata di Catania, toccando centri di un certo rilievo, come Misterbianco e Paternò, e salendo subito in quota. Tra Licodia ed Adrano un’altra sorpresa positiva: il tracciato è stato sensibilmente migliorato, con la realizzazione di numerose gallerie, che hanno eliminato parecchi dei passaggi a livello, pittoreschi ma molto pericolosi, da sempre caratterizzanti questa ferrovia. Son state aperte anche nuove stazioni dotate di parcheggi di corrispondenza, al momento poco utilizzati. Ma è evidente la volontà di promuovere un servizio di tipo metropolitano.

I “Vulcano” sono puliti e non graffittati, a differenza delle vecchie automotrici, e lo stato di manutenzione dei fabbricati di stazione – anche di quelli non presenziati – è complessivamente buono, cosa purtroppo non comune lungo i binari della nostra Penisola. E’ ammessa la presenza di bici a bordo, il che permette di realizzare circuiti misti per i cultori dell’escursionismo su due ruote.

Pochi, tuttavia, i turisti a bordo (un paio di ciclisti, una coppia tedesca). Gli utenti sono prevalentemente studenti che si muovono lungo i centri serviti. Peccato, perché, nonostante qualche lodevole sforzo della direzione della Circumetnea – al capolinea di Borgo è presente un ufficio turistico presidiato – la possibilità di effettuare il circuito ferroviario non è molto pubblicizzata.

Negli alberghi di Catania sono proposte escursioni di vario tipo lungo le pendici dell’Etna (in bus, fuoristrada ed anche in bici), ma non in treno. Di certo non aiuta la chiusura della linea nei giorni festivi. Una misura imposta venti anni fa a molte imprese concesse – per esempio, anche all’intera rete del Sud Est, in Puglia – nel tentativo di risanarne i bilanci, che però purtroppo ne mortifica le possibilità di promozione, al di fuori della tradizionale clientela pendolare.

E’ certamente un provvedimento che ha consentito di razionalizzare i turni del personale (nel Mezzogiorno, per altro, ancora abbondante, col doppio agente in cabina e presenze ridondanti in alcune stazioni), ma che meriterebbe eccezioni, almeno dove la valenza turistica è evidente, come a Gallipoli e a Otranto in estate e qui anche in inverno.

Sosta a Bronte, nota per la repressione di Nino Bixio della rivolta sociale rievocata dal Verga, ed oggi produttrice di pistacchi che possono essere gustati in numerose proposte gastronomiche. Cambio di treno ad Adrano per scendere con una vetusta automotrice fino al terminale di Riposto, il “porto di Ulisse” sulla costa jonica. Questa tratta meno frequentata, ma altrettanto suggestiva, attraversa boschi e frutteti, con la vista strepitosa del promontorio di Taormina, ed attende interventi di miglioria del binario, attestati dalla presenza di nuove traversine in cemento, per ora accatastate in alcune stazioni.

Il circuito si può chiudere rientrando a Catania attraverso la linea costiera proveniente da Messina, che ha conosciuto importanti lavori di raddoppio, con la cancellazione di alcune stazioni come Acicastello e l’apertura di fermate metropolitane (Catania Europa). Manca, indubbiamente, la possibilità di terminare il giro a Taormina, che tornerebbe possibile se venisse ripristinata la linea da Randazzo, attraverso le gole dell’Alcantara, il cui sedime, a dispetto della vegetazione, è ancora sostanzialmente intatto.

La Circumetnea, sopravvissuta alla triste stagione delle soppressioni di ferrovie minori che contrassegnò gli anni Sessanta del secolo scorso, ha tutte le caratteristiche per essere promossa tra i grandi itinerari di mobilità dolce che il nostro Paese dovrebbe valorizzare e di cui ora esistono anche gli strumenti legislativi. Manca ancora, però, quel cambio di passo culturale che ha già consentito, anche in Sicilia, la riscoperta del cicloturismo.

Un’ultima notazione sulla metropolitana di Catania. La linea si sviluppa integralmente in sotterranea per quasi nove chilometri ed è stata recentemente prolungata fino a Stesicoro, nell’area più centrale del capoluogo. La quantità passeggeri trasportati (circa 3 milioni all’anno) è ancora modesta, complici le frequenze non entusiasmanti (una corsa ogni 10’ al mattino ed ogni 15’ al pomeriggio, nessuno servizio serale, tranne il sabato) e, anche qui, la chiusura domenicale.

Certo le cose cambieranno quando la metropolitana arriverà fino a Misterbianco a nord e fino all’aeroporto di Fontanarossa all’estremità meridionale dell’agglomerazione. Ma, visti i tempi lunghi di questi interventi (sono ormai passati quasi vent’anni dalla inaugurazione della prima tratta), bisognerebbe fare qualcosa per rendere più appetibile da subito il trasporto pubblico su ferro anche alle pendici dell’Etna.

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