“Sempre più persone scelgono il turismo sostenibile”.

“Sempre più persone scelgono il turismo sostenibile”.

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Intervista ad Anna Donati, nostro portavoce 

L’Alleanza per la Mobilità Dolce è una rete formata da 22 associazioni nazionali, nata per promuovere la mobilità dolce e per farne emergere una visione unitaria. Anna Donati, membro del Gruppo di Lavoro “Mobilità Sostenibile” di Kyoto Club è stata nominata portavoce dell’Alleanza. Ci racconta come e perché è nata questa esperienza, le pratiche e le idee, e quali sono i suoi obiettivi.

“L’Idea è quella di fare crescere la cultura e l’idea di mobilità dolce tra i cittadini e cittadine, di fare rete e massa critica per farci ascoltare di più da chi deve prendere delle decisioni ad ogni livello– racconta Anna – e di coniugare questa mobilità attiva con il territorio, con il tempo libero e l’offerta turistica. Per questo dentro la nuova Alleanza oltre alle tradizionali associazioni che si occupano di cammini, bicicletta, greenways, ferrovie turistiche, si sono aggiunte quelle che si occupano di tutela dei piccoli borghi, di turismo sostenibile, di paesaggio, ambiente e natura. Tutte insieme hanno sottoscritto un Manifesto per la Mobilità Dolce con questi contenuti”

Da quale esigenza parte l’alleanza?

In primo luogo per affermare il concetto di mobilità dolce e cioè integrare chi cammina, pedala o usa ferrovie turistiche. In secondo luogo dal fatto che, nonostante ogni associazione porti avanti per conto proprio le sue attività egregiamente, non si fa mai una massa significativa verso chi decide, come Ministeri, Istituzioni e Imprese pubbliche e private: in poche parole, c’è rischio di dispersione. Terzo, fornire un’offerta integrata a quell’utente che noi riteniamo in genere abbia voglia di usufruire dei servizi della mobilità dolce ma di cui non conosce l’esistenza o non sa come approcciarsi a questi servizi. Insomma, è molto importante che queste realtà si parlino tra loro e collaborino in modo da far arrivare al cittadino e alle istituzioni informazioni che altrimenti non arriverebbero.

Si parla spesso di mobilità sostenibile. Che cosa è invece la Mobilità Dolce?

In questo momento la mobilità è insostenibile: questo vale sia per la mobilità urbana, per quella nelle aree a bassa densità che per quella turistica.  È molto diffuso andare in un bel parco per stare in mezzo alla natura con l’auto, inquinando. Le contraddizioni sono notevoli, anche perché scarseggiano reti e servizi alternativi.  La Mobilità Dolce vuole proporre una mobilità attiva a piedi, in bicicletta e sulle ferrovie turistiche, che si integri con il territorio e la natura, che utilizzi le reti esistenti, come i sentieri, le strade bianche, le strade a scarso traffico e le ferrovie locali.  Una mobilità legata alla voglia di turismo lento, di viaggio come piacere, per superare il mordi e fuggi oggi ancora molto presente.

A questa concezione di turismo slow vanno associate la riscoperta dei territori, il piacere del cibo locale, l’interesse verso i piccoli borghi e la natura: si cerca di superare l’idea che quando faccio turismo vado nelle grandi città, ci sto 24 ore e poi me ne vado. L’Alleanza porta avanti un modello di turismo e di tempo libero molto diverso, e mette l’accento più che sulla meta d’arrivo, sul piacere dello spostamento e del viaggio stesso.

Come si può parlare di viaggio come esperienza sostenibile e dolce nell’epoca del turismo mordi e fuggi, delle compagnie aeree low-coste dei treni Tav?

Proprio a causa dell’eccesso di questa offerta ormai gli stessi cittadini che hanno fatto questa esperienza mordi e fuggi – almeno una buona parte di loro – sono gli stessi che hanno voglia di fare esperienze differenti. Alcuni numeri ci dicono che sono migliaia le persone che si muovono dal cammino di Santiago alle grandi reti ciclabili in Germania. In Italia siamo ancora agli inizi, però cominciamo a vedere qualche risultato. È proprio la voglia di fare qualcosa di differente rispetto al mordi e fuggi che diventa un volano di fatto per la mobilità dolce, il tempo libero e il turismo sostenibile.

Non c’è il pericolo che la mobilità dolce diventi essa stessa turismo di massa?

Magari! Nel senso che se io cammino, pedalo o uso ferrovie turistiche vivo quei territori che sto visitando, e il mio impatto è molto basso. Invece, le economie dei territori, in genere molto deboli in alcune zone (aree interne e spopolate) avranno dei grandi benefici se si sapranno organizzare e accogliere questo turismo sostenibile che speriamo diventi di massa. Un altro elemento è che questo dovrebbe portare alla destagionalizzazione: non dobbiamo andare in vacanza tutti le prime due settimane di agosto nella stessa spiaggia o nella stessa riviera, ma possiamo farlo tutto l’anno. C’è anche una distribuzione differente, quindi anche una pressione alternativa sul territorio ed una miglior organizzazione dei servizi e del lavoro.

Per quanto riguarda l’impatto sulle economie locali, quello della mobilità dolce è diverso rispetto a quello sul turismo di massa?

Noi parliamo di reti, quindi, ad esempio se io ristrutturo e riapro una ferrovia come l’Avellino-Rocchetta Sant’Antonio – come previsto dalla recente legge per le ferrovie turistiche – è chiaro che ci sono dei caselli da ristrutturare, dei percorsi e dei cammini da ricostituire, una ciclovia, quella dell’acquedotto pugliese, che incrocia la ferrovia. Se io usufruisco di questo sistema di reti sicuramente vivo per un periodo quel territorio, spendo delle risorse per mangiare e dormire. Ma ho bisogno anche di assistenza se viaggio in bicicletta, oppure di mappe, se voglio visitare una chiesa ho bisogno che sia aperta quando io passo. Serve un pensiero integrato di offerta. Da questo tipo di turismo possono nascere delle piccole attività economiche, locali, dal bed and breakfast alla ristrutturazione di caselli e stazioni, ma anche, nel caso dell’acquedotto pugliese, a manufatti legati a quella infrastruttura. Questa concezione diventa un modo per recuperare patrimonio dismesso, come strade, manufatti, canali, reti ferroviarie in disuso. Una pratica per far rivivere borghi sono dimenticati e contrastare il dissesto idrogeologico del paese. Questo è il caso, ad esempio, della ferrovia di Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, che si è legata allo Sponz Festival di Vinicio Capossela, che ha fatto del treno un elemento chiave della rilettura del territorio. Non solo mobilità ed economia o turismo, ma anche cultura che viene dai territori che sanno rileggere guardando avanti con innovazione. Vedere migliaia di giovani e non, che vanno a Calitri diventa un modo anche per radicare questo fare cultura a territori che in passato sembravano da abbandonare e basta perché la cultura si doveva fare solo nelle città metropolitane. Un’idea differente e creativa che si accompagna al concetto di mobilità dolce e sostenibile.

E la politica nazionale si sta allineando alle vostre posizioni?

Dopo anni e anni e impegno ci sono alcuni risultati piccoli, ma che non vanno sottovalutati. Primo, il 2 agosto 2017 è stata approvata la legge per le Ferrovie Turistiche: ci sono 18 linee che verranno valorizzate a questo scopo, mentre altre si dovranno aggiungere a questa lista. Un riconoscimento importante, dopo 20 anni di impegno associativo di volontari e appassionati mai ascoltati, che finalmente hanno trovato una dignità anche legislativa, con degli strumenti di tutela e dei servizi. Come tutte le leggi deve essere attuata, e quindi a breve partirà un’altra fase di impegno non meno complicata e gravosa.

Secondo, il Ministro Franceschini ha pubblicato da poco il Piano di sviluppo strategico del turismo e sta lavorando per lo sviluppo dei Cammini. Un pezzo di quel piano riconosce anche questa idea di turismo sostenibile dei territori e delle aree interne, di mobilità dolce, di camminare e del pedalare, ferrovie turistiche come un pezzo del turismo del nostro Paese. È la prima volta che abbiamo un riconoscimento di questo punto di vista. Prima nemmeno eravamo presi in considerazione.

Terzo aspetto, la questione della ciclabilità. Su impulso del Monistro Delrio, Governo e Parlamento hanno approvato finanziamenti per circa 380 milioni per le ciclovie e per la mobilità ciclistica urbana nei prossimi sette anni. C’è un grande fermento intorno ai grandi circuiti nazionali, la Ciclovia del sole, VenTo, il GRAB, l’Acquedotto pugliese, l’anello del Garda, la Rete Sarda. Sicuramente rispetto a 10 anni fa la sensibilità è aumentata, grazie soprattutto al mondo associativo ed ai tanti volontari. Tradurre il tutto in fatti è molto più complicato: anche per questo nasce l’idea della rete: servono campagne comuni affinché questo si sblocchi. La nostra funzione è quella di ricordare a tutti di lavorare e fare pressione affinché questi progetti vadano avanti anche nelle prossime legislature.

Ma in questi giorni abbiamo appreso di uno stop alla legge per la mobilità ciclistica?

La brutta notizia di questi giorni è che il PdL per la Mobilità ciclistica che era arrivata in Aula alla Camera ed era in dirittura di arrivo, ha avuto per la seconda volta parere negativo da parte del MEF. Analogo problema c’era stato per il PdL mobilità dolce: stiamo cercando di integrare i due provvedimenti perché insieme alla mobilità ciclistica ci sia anche una cornice sulla mobilità dolce, cercando di superare questo parere negativo del MEF. Questo è davvero un pessimo segnale sembra un po’ pretestuoso, visto che le risorse in legge finanziaria sono state messe, e si tratta solo di spendere con criterio. Si può discutere se siano sufficienti o meno, ma non stiamo parlando di nuove risorse da trovare. Sembra che il Governo voglia frenare tutto. Il relatore Paolo Gandolfi comunque non si è arreso e sta lavorando per superare questo parere negativo.

Invece per quanto riguarda gli enti locali?

Anche qui ci sono buone pratiche, silenzi assoluti e strategie controverse. Faccio un esempio: la Regione Puglia sul tema della bici ha investito molte risorse, la Regione Toscana sulla via Francigena ha già fatto in modo che tutto il percorso del cammino a piedi sia tracciato e segnalato sul sito e ha investito risorse per questo. La Regione Emilia Romagna sulla ex Ferrovia a binario unico Bologna-Verona ha investito risorse proprie e altre sono state date dallo Stato affinché venga trasformata in greenways ciclabile. Ci sono regioni che si stanno impegnando. Viceversa ci sono altre Regioni in cui non vi sono grandi novità e dove questi temi della mobilità dolce non hanno avuto una spinta significativa, come la Sicilia, il Lazio e la Lombardia.

E le aziende di trasporto a partire da FS come si stanno comportando?

Vi sono degli esempi positivi. Guardiamo il caso di FS, quando si parlava vent’anni fa di ferrovie turistiche sorridevano… La politica di FS non era certo quella di incoraggiare l’uso di queste reti. Ma anche qui il mondo è cambiato: la società ha costituito la Fondazione FS a tutela di tutto il patrimonio del passato, dai progetti ai treni storici, al bellissimo museo di Pietrarsa ed in futuro quello di Trieste. Tra queste attività ha anche deciso di fare treni turistici, con questo progetto che si chiama Binari Senza Tempo: la Transiberiana d’Italia fra Sulmona e Carpinone, la Ferrovia della Valle dei tempi di Agrigento, la ferrovia della Val D’Orcia, la Ferrovia blu del Lago D’Iseo. Progetti molto concreti e treni che stanno avendo anche un certo successo, nati quasi sempre dal lavoro ventennale di associazioni, volontari ed amanti delle ferrovie turistiche.

SI stanno attrezzando anche le Ferrovie regionali: le Ferrovie della Calabria fanno il Treno della Sila, in Campania ci sono i treni per Cuma, per la Reggia di Caserta o la Napoli – Pompei. La CircumEtnea che propone il Treno del Vino ai pedi del vulcano. Senza dimenticare il Trenino Verde della Sardegna, un trenino storico che passa su queste linee delle Ferrovie Regionali. Queste linee hanno bisogno di investimenti e risorse; in secondo luogo, secondo l’Alleanza, questi binari devono anche essere utilizzati per il trasporto degli utenti ordinari, in modo che le due funzioni si sostengano e si valorizzino a vicenda visto che gli utenti a volte sono pochi. Ultimo progetto in corsa, ancora a livello embrionale, è il velorail, una bicicletta che mi consente di pedalare sui binari come le vecchie draisine per la manutenzione di una volta. In Francia ci sono 38 piccole ferrovie che stanno pedalando sul velorail, e anche noi in Italia vogliamo delle regole che vadano in questa direzione, cosi come prevede anche la legge per le ferrovie turistiche. Questo per dire che quando ho un’infrastruttura con un binario posso utilizzarla in diversi modi al fine di valorizzare il paesaggio e per pedalare o camminare o usare un treno turistico come un pezzo di mobilità dolce.

Invece dal punto di vista di investimenti privati di aziende private?

Per ora le aziende private mostrano curiosità ma non ci sono ancora dei progetti. Più che altro il privato offre dei servizi dal punto di vista dell’accoglienza: se ho bisogno di affittare una bici, di assistenza tecnica o di un alloggio per chi cammina, ci sono già imprese private che stanno facendo questo, anche con buoni risultati. Naturalmente tra questo e un privato che fa treni turistici siamo ancora lontani. Ma sono sicura che se i treni turistici funzioneranno e avranno un loro sviluppo, io non escudo che altri soggetti privati in futuro possano essere interessati.

La vostra alleanza per la mobilità dolce che cosa vuole essere in concreto?

Intanto l’Alleanza, che mi ha nominato portavoce lo scorso 16 settembre, nasce come una rete leggera, della durata di un anno: alla fine di questo periodo verificheremo come proseguire. Perché dico leggera? Perché mentre ogni associazione svolge le sue attività, la rete serve per svolgere alcune attività comuni. Ad esempio seguire le norme, seguire i finanziamenti, dialogare con le istituzioni ed aziende sui progetti comuni.  Fare iniziative comuni e campagne per affermare l’idea della mobilità dolce, scambiare le esperienze e le buone pratiche.

Queste attività comuni sono attività istituzionali, convegni per segnalare novità, idee, esperienze internazionali, pratiche innovative. Poi nel mese di marzo, quello della mobilità dolce, ci sono tante iniziative comuni perché vi sia attenzione anche da parte dei cittadini, dei media e dei giornali per affermare questo concetto di mobilità dolce. Dopotutto, seppur con segnali di interesse e di partecipazione, siamo ancora un gruppo di nicchia.

Non dobbiamo immaginare la mobilità dolce come la mobilità del passatoanche qui c’è una forte innovazione in corso e da promuovere: dal percorso georeferenziato per chi cammina e pedala, alla mappa interattiva e con servizi molto smart, dalle guide aggiornate ai progetti di treni turistici che funzionano con l’energia fotovoltaica o a idrogeno ed ampie vetrate per guardare il paesaggio, alle attività interattive per gli studenti ed appassionati.  Serve creatività, progetti e formazione che deve coinvolgere il mondo pubblico e privato, l’università e gli studi professionali. C’è molto da innovare anche in questo tipo di offerta: pensiamo a cosa sta accadendo nel mondo della bicicletta; oramai la bici è l’oggetto tecnologico per eccellenza – pensiamo alla pedalata assistita. C’è un mondo in grande fermento anche a livello tecnologico, non solo sul piano del piacere.

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