In Treno da Milano a Rotterdam lungo il corso del Reno

In Treno da Milano a Rotterdam lungo il corso del Reno

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di Massimo Ferrari, Presidente di Assoutenti/Utp

Come ogni anno dal 2005, nel mese di marzo partecipo al Meeting che Epf (European Passenger Federation) organizza in una diversa città del continente per discutere temi che riguardano gli utenti di ferrovie, bus, trasporti urbani e mobilità innovativa.

Come sempre cerco di effettuare almeno una parte del viaggio in treno, anche quando l’aereo è più conveniente in fatto di tempi e costi. E’ il caso di Rotterdam, sede del convegno nel 2017. Ormai da tempo non esistono più collegamenti diretti dall’Italia all’Olanda. I viaggi che feci in passato verso i Paesi Bassi erano in vagone letto. Adesso bisogna spostarsi di giorno e ci vogliono dodici ore, seguendo l’intero corso del Reno.

Per fortuna le Ferrovie Austriache OBB hanno rilevato parte dei collegamenti notturni nell’Europa centrale, rendendo ancora possibile viaggiare di notte tra Zurigo e Zagabria o tra Vienna e Dusseldorf, ma in Francia e nel Benelux non è più così. L’alta velocità ha reso competitiva la rotaia fino a 5/800 km.

Oltre l’aereo regna incontrastato, nonostante la pallida alternativa di Flixbus.

 

Viaggiare di giorno tra Milano e l’Olanda (85 euro in tutto, grazie alle offerte scontate, ma sempre il doppio di un volo low cost) presenta comunque alcuni vantaggi. La traversata delle Alpi svizzere (attraverso il Sempione e il Lotschberg) che è sempre uno spettacolo. La discesa parallela al Reno, lungo i confini che videro scannarsi generazioni di francesi e tedeschi, a bordo di un intercity che permette di ammirare la parte più scenica del fiume, quella della famosa Loreley, tra Mainz e Coblenza. La possibilità di fermarsi ad Arnhem e Utrecht, per provare gli ultimi sistemi a guida vincolata dei Paesi Bassi che ancora non conosco. Ma bisogna cambiare due volte, a Basilea e a Colonia, dove sono in corso lavori di potenziamento della rete che mettono a dura prova la tradizionale efficienza tedesca.

 

Arnhem è l’unica città del Benelux dotata di una rete filoviaria. Anzi, è una città filoviaria, come Salisburgo, Vilnius o, per restare in casa nostra, Parma. E, quando si dispone di una vera rete articolata su più linee, con veicoli snodati che circolano fino a tarda sera, si capisce il vantaggio ambientale (silenziosità, zero emissioni) di questo mezzo dal futuro incerto.

Cosa che non si riesce ad apprezzare quando il filobus è poco più di una testimonianza simbolica, per lavare la coscienza delle amministrazioni, come è successo a Roma o a Genova. Spettacolare, dal punto di vista architettonico e funzionale, la stazione centrale di Arnhem, città interamente ricostruita dopo la guerra che l’aveva vista teatro della sfortunata battaglia di Market Garden con cui i paracadutisti britannici tentarono invano di liberare l’Olanda.

 

Ad Utrecht, mi fermo un paio d’ore, non per visitare lo splendido centro storico come avevo fatto in passato, ma per prendere il tram verso i quartieri satelliti sorti a sud della città. Questa è stata, negli anni Settanta, una delle prime occasioni di rivincita della metropolitana di superficie in Europa. Ormai non è più una realizzazione d’avanguardia, ma rappresenta pur sempre un buon esempio di come il mezzo su rotaia possa contribuire alla razionale urbanizzazione delle periferie. Scendo a Nieuwegein Stadtcentrum e la fermata è in mezzo a un centro commerciale frequentatissimo. Quante realizzazioni analoghe potrebbero essere realizzate in Italia, contribuendo a ridurre la circolazione veicolare, se non si pensasse ancora al Tpl in funzione solo degli orari delle scuole o di fabbriche ormai chiuse?

A Rotterdam mi fermo un paio di giorni per partecipare al Meeting. L’Europoort, con 3.600 ettari di estensione, è sempre il più grande porto del mondo per quantità di merci scambiate, in attesa di essere scalzato dai cinesi. Ma la città, spazzata dal vento freddo del Nord, è anche una delle più formidabili concentrazioni di architettura moderna. Spettacolare il mercato coperto con 4.600 metri quadri di negozi, sovrastati da una avveniristica galleria che ospita 228 appartamenti.

Buona la rete tranviaria e metropolitana, che ormai si spinge fino all’Aia, sfruttando i binari di una preesistente ferrovia, inclusi alcuni attraversamenti a livello ed il passaggio perpendicolare al termine della pista illuminata del locale aeroporto. Tutte cose impensabili da noi per motivi di sicurezza che fanno lievitare alle stelle i costi delle poche opere poi completate (senza annullare il rischio di incidenti).

Il Meeting Epf quest’anno era dedicato in parte proprio alla sicurezza, intesa come possibile obiettivo di attentati, dopo i fatti luttuosi che hanno colpito nei mesi scorsi Parigi e Bruxelles. E’ forte il timore che sia limitata la libertà di circolazione delle persone. Cosa che assesterebbe un colpo mortale all’Europa. Senza considerare come l’estensione delle procedure in vigore negli aeroporti possa penalizzare l’uso del treno, che tra i suoi vantaggi conta sulla accessibilità immediata.

Già oggi le stazioni del Benelux sono pattugliate dai militari e per poco non è passata la proposta di un ministro belga che pretendeva di conoscere con 24 ore di anticipo i nominativi di tutti i passeggeri provenienti dall’estero. Una misura inaudita anche ai tempi della Cortina di Ferro.

E così, quando parto per Bruxelles, alla biglietteria di Rotterdam Centraal mi chiedono i documenti, anche se poi non dovrò esibirli a bordo, come invece era avvenuto tre giorni prima tra Domodossola e Briga. Il Thalys – il treno ad alta velocità in servizio sulla tratta Amsterdam-Parigi – è pieno anche la domenica mattina. Le compagnie ferroviarie hanno mutuato da quelle aeree l’ottimizzazione dei posti col gioco delle offerte tariffarie.

I viaggiatori old fashion come me talvolta si dimenticano che i prezzi ormai prescindono dalla distanza e così il biglietto acquistato all’ultimo momento mi costa 78 euro per meno di 200 chilometri, quasi quanto il viaggio di oltre 1.000 da Milano a qui. In compenso posso proseguire da Bruxelles verso qualsiasi stazione belga con pochi spiccioli di supplemento (ma perché, allora, non proporre a chi viaggia tra Roma e Milano a tariffa piena la possibilità di arrivare in qualsiasi città lombarda con 5 euro in più?).

 

Così arrivo a Charleroi e, in attesa del volo low cost per Bergamo, ho tempo di di girare sulla rete di metrò leggero alla scoperta di una delle più impressionanti aree di archeologia industriale. Miniere a cielo aperto abbandonate, fabbriche dismesse, edifici in mattoni anneriti dal fumo: la distanza dalla avveniristica Olanda di questa area depressa nel cuore dell’Europa non potrebbe essere più radicale.

Ero arrivato a Rotterdam all’indomani delle elezioni che, per il momento, non hanno messo in discussione la tenuta delle istituzioni comunitarie, come molti temevano. Adesso è il turno della vicina Francia, i cui sintomi di malessere si percepiscono anche qua.

 

Penso a queste cose sul volo della Ryanair che, indubbiamente, ha contribuito più di tanti retorici discorsi della politica a tenere unito il nostro continente. Ma penso poi che sono uno dei rari sopravvissuti di un’epoca che non esiste più. Quella in cui si conosceva la storia e la geografia – l’essenza della cultura, secondo Indro Montanelli – anche viaggiando in treno dal Mediterraneo al Mare del Nord. Pensandoci bene, verso le 47 nazioni sparse tra Europa, Africa e Vicino Oriente che ho avuto la fortuna di visitare, i viaggi per via di terra (treno, nave, qualche volta auto) ancora sono nettamente prevalenti rispetto all’aereo. I voli li ho privilegiati solo per le Americhe, il Sudafrica, l’India e l’Estremo Oriente.

In attesa che i cinesi velocizzino la Transiberiana, ben inteso.

 

Aprile 2017

 

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